Vai dallo psicologo? Ma sei matto?! -LE TESTIMONIANZE-

Recentemente ho scritto un articolo per una rivista di Arezzo (WeARe) sul tema del pregiudizio e degli stereotipi che possono insorgere nell’intraprendere un percorso psicologico. 

Per quest’articolo ho deciso di raccogliere alcune testimonianze di persone che stanno intraprendendo, o che hanno concluso, un percorso, così che la loro esperienza e la loro voce possa essere d’aiuto ad altr* che si trovano a vivere e sentire quelle stesse paure.

Spiegando l’intento di divulgazione e sensibilizzazione sulla tematica psicologica, ho chiesto a più persone che si affidano a me di rispondere a tre domande:

  • CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO PRIMA DI FARLO?
  • CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO O DETTO DI TE SAPENDOLO?
  • CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO PSICOLOGICO?

 

Sono rimasta piacevolmente sorpresa dall’entusiasmo con cui molte persone hanno accolto questa mia proposta, dalla partecipazione attiva che hanno mostrato nel voler aiutare altr* ad avvicinarsi alla psicologia e l’importanza del sentirsi parte di un progetto di sensibilizzazione, e anche dalle risposte stesse che hanno dato, di una bellezza disarmante.

Per questo credo che meriti riportare le testimonianze complete (che per motivi di numero di battute non potevo trascrivere interamente nell’articolo della rivista).

La testimonianza di Alessandro

CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO PRIMA DI FARLO?

Non dirò niente sui classici “lo psicologo ti fa il lavaggio del cervello” o “sono solo chiacchiere, non serve a niente”, perché a queste affermazioni non ci ho mai creduto.

Nel mio caso il pregiudizio era un altro: pensavo che andare da uno psicologo/a fosse proprio l’ultima spiaggia e che significasse aver toccato il fondo. Per questo, mi faceva molto paura anche solo ammettere a me stesso di aver bisogno di questo tipo di percorso. Decisi di andarci quando proprio ero al limite della sopportazione, non vedendo altre soluzioni.

A posteriori, non potrei che essere più in disaccordo con questa visione: andare dalla psicologo/a non significa aver “perso” o essere deboli, significa aver capito che hai bisogno di prenderti cura di te. E non bisogna aspettare di essere allo stremo delle forze, anzi, si può intervenire prima (meglio!), quando si capisce che c’è un nodo che da soli non si riesce a sciogliere bene.

CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO O DETTO DI TE SAPENDOLO?

Questo probabilmente è stato un altro dei motivi che mi ha portato a iniziare tardi il percorso: l’opinione degli altri. Non conoscevo nessuno tra i miei amici e i miei parenti che lo stesse facendo o lo avesse fatto, per questo pensavo che gli stessi mi avrebbero giudicato come una persona fragile, instabile, inaffidabile (quante ne ho pensate!) se avessero saputo che avevo intrapreso un simile percorso. In poche parole, pensavo che avrebbe cambiato la loro opinione su di me!

Proprio per questo motivo, è passato qualche mese prima che riuscissi a dirlo a qualcuno: iniziai con mia mamma, poi sono passato ai miei due migliori amici e infine sono arrivato a parlarne liberamente quasi con tutte le persone che incontro. Nei primi due casi è stato sia liberatorio (non dover inventare scuse ogni volta che avevo una seduta), che confortante (perché mi sono sentito compreso e sostenuto), nel terzo caso mi sono sentito di farlo quasi per sensibilizzare sull’argomento, perché in Italia vedo ancora molti pregiudizi sui percorsi psicologici. Spero che parlandone liberamente io possa contribuire piano piano a rendere le sedute dallo psicologo una cosa “normale”, e, anzi, necessaria se siamo in difficoltà. Così magari, senza pregiudizi, la prossima volta che qualcuno si sentirà in difficoltà, avrà meno ostacoli davanti a sé se intende chiedere aiuto.

CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO PSICOLOGICO?

Parto dicendo che sicuramente ogni percorso psicologico è a sé, non tutti hanno la stessa durata e “intensità”, dipende dalla persona e dal problema in questione.

Detto questo, nel mio caso posso dire che è stata una lunga avventura, non certo una favola, piuttosto una di quelle storie piene di peripezie e momenti ardui, ma con un bel finale (che continua).

Visto che mi piacciono le storie epiche, voglio raccontarlo così: 

Un ragazzo introverso, che combatteva da tempo con tante insicurezze accumulatesi nel tempo, stanco però di vivere così, decise di intraprendere un viaggio, affidandosi ad un’amica ben più saggia di lui. Si rivelò un percorso lungo e pieno di insidie, ma anche ricco di piccole belle conquiste, lì per lì probabilmente sottovalutate.

A metà del suo viaggio però, venne colto da un momento di sconforto importante e iniziò a mettere in dubbio tutto quello fatto fin lì… in quel frangente vedeva tutto buio e senza speranza, ma grazie alla sua cara guida e alla sua voglia di crescere e di non arrendersi, superò l’ostacolo più duro.

E da lì ebbe inizio una vera rinascita, con tutto quello che piano piano avevo appreso viaggiando e quindi mettendosi in gioco, che lo porta ad oggi, ad un presente, in cui ci sono sia momenti belli che meno belli, ma che adesso sa affrontare, un po’ più consapevole delle sue forze e delle sue debolezze.

In altre parole: ben conscio di cosa vuole adesso, non di cosa sarà domani, ma con tanta voglia di scoprirlo e di viverlo.

Alessandro

La testimonianza di Jessica

CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO PRIMA DI FARLO?

In realtà non avevo nessun pregiudizio, pensavo di riuscire a stare bene con le mie forze e che magari sbagliavo io a “farla lunga” e di non avere il diritto di chiedere aiuto.

CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO O DETTO DI TE SAPENDOLO?

In realtà non ci ho mai pensato.

CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO PSICOLOGICO?

 

Mi sentivo come se stessi montando un difficilissimo mobile svedese senza avere le istruzioni, facevo tanta fatica e non ottenevo stabilità. Il percorso mi ha aiutato a districarmi tra i vari pezzi, mettere ordine, sentirmi stabile e resistente.

È stato il più bel gesto d’amore che potessi fare a me stessa.

Jessica

La testimonianza di Chiara

CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO PRIMA DI FARLO?

Non avevo grandi pregiudizi perché sapevo di amici che avevano già intrapreso questo percorso e avevano avuto beneficio.

CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO O DETTO DI TE SAPENDOLO?

Non ho mai avuto problemi a condividere questa esperienza con gli altri, in primis con gli amici. Ho evitato per un po’ di dirlo ai miei genitori, non per vergogna, ma perché non me la sentivo di affrontare una discussione su un argomento che non avrebbero condiviso appieno per mentalità e cultura, e su cui sarebbero potute partire difese e attacchi perché l’avrebbero potuto leggere come una mancanza loro. Non volevo giustificarmi e difendermi essendo un’esperienza molto personale.

CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO PSICOLOGICO?

Fare il mio percorso è stato come risalire a galla a prendere ossigeno dopo un’infinita nuotata in apnea. Finalmente mi sono sentita libera di respirare e libera di essere me stessa. mi sono capita e continuo a cercare di capirmi.

Chiara

La testimonianza di Valentina

CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO?

Ho iniziato il mio percorso psicologico, in uno dei momenti più confusi della mia vita, in una fase in cui mi sentivo completamente persa, in cui sentivo il bisogno di reagire, di prendere in mano la mia vita e iniziare a stare bene.

Il pensiero di dover raccontare cose mie personali ad una persona a me sconosciuta, una persona che non sapeva nulla di me, della mia storia, una persona che magari non mi avrebbe aiutata, ma mi avrebbe giudicata e fatta sentire sbagliata mi allontanava sempre di più dalla decisione di rivolgermi a qualcuno che mi avrebbe aiutata a slegare la matassa di pensieri contrastanti che mi ero creata nella testa.

Una persona a me cara mi consigliò un nome, e il mio percorso con iniziò qualche settimana dopo, non sapevo allora che quella persona, quella dottoressa, mi avrebbe preso il cuore e dato tutti gli strumenti per iniziare a vivere la mia prima-vera vita.

E’ stata la luce in fondo al tunnel, l’arcobaleno dopo una tempesta… Grazie a questo, ho avuto la possibilità di conoscere la vera me, imparare ad amarmi, e dire no agli altri, per dire sì a me stessa!

Tra le tante cose fondamenti che ho imparato insieme a lei, è stata quella di “non fasciarsi la testa prima di rompersela”ed oggi, posso dire che se ho tardato tanto nell’iniziare un percorso psicologico è proprio per la paura (infondata) e il pensiero di ciò che non avrebbe funzionato.

CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO E DETTO DI TE SAPENDOLO?

Il contesto lavorativo, familiare e sociale in cui mi trovavo non erano sicuramente un punto a mio favore.

Alla parola -Psicologo- la risposta più comune che ricevevo era : “non sei mica matta, vedrai che con il tempo tutto passa!”

CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO PSICOLOGICO?

Il mio percorso psicologico lo paragono spesso ad un faro, così come per gli uomini di mare è una certezza e riferimento nelle notti più buie, per me è stata la guida, la luce, l’ancora di salvezza nel momento di buio… mi ha donato una luce per non perdermi mai più.

Valentina

La testimonianza di Ester

CHE PREGIUDIZIO AVEVI SUL PERCORSO PSICOLOGICO PRIMA DI FARLO?

Più che pregiudizio sulla terapia avevo timore. Non sapevo da dove cominciare, non sapevo come scegliere “la mia guida”; non sapevo chi mi sarei trovata di fronte e come avremmo approcciato; non avevo la minima idea di come si svolgesse una seduta; non sapevo se sarebbe stata davvero utile;non sapevo se sarei stata in grado di seguirla ed essere costante. E tutte queste paure hanno rallentato il tutto.

CHE TEMEVI CHE GLI ALTRI AVREBBERO PENSATO O DETTO DI TE SAPENDOLO?

Il timore del pensiero e del giudizio degli altri c’è stato sia prima di iniziare che durante. Fino ad un certo momento però.

All’inizio, soprattutto per l’ambiente in cui vivevo, sapevo che non avrei avuto supporto condividendo la scelta di iniziare un percorso. Per mesi, infatti, l’ho nascosto a tutti, trovando mille escamotage per non farmi scoprire. Poi man mano è iniziata la fase “fastidio” nel dover mentire e nascondere. Non avevo più timore di dire che ero in terapia, anzi ne andavo fiera, ma sceglievo a chi dirlo e chi no. Non sopportavo le tipiche frasi “i problemi si risolvono da soli”; “non sei malata,non ne hai bisogno”; “adesso è di moda”; “se vai dallo psicologo allora sei debole”; “hai tutto, perché devi andare dallo psicologo?”, ma ho capito che quelli erano loro che mostravano i loro limiti, i loro pregiudizi, non i miei e tutto è cambiato, ho imparato a non interessarmi di cosa loro pensassero.

Oggi so che è la scelta migliore che potessi fare per me stessa e per la mia vita.

CHE METAFORA USERESTI PER DESCRIVERE IL TUO PERCORSO?

Più che una metafora penserei ad un paragone e paragonerei il mio percorso al volo di una mongolfiera. Le mongolfiere volano grazie al Principio di Archimede. Principio secondo cui un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato.

La mongolfiera sono io, il fluido è il bagaglio di esperienze e vita che mi porto dietro, e la spinta è la mia terapeuta che mi aiuta a spostare l’aria e a prendere il volo.

 

A volte affronto un volo alto e costante, altre volte il vento è troppo forte non mi permette di salire tanto, altre volte bisognerà rinunciare ad alzarsi dal suolo, ma con la certezza che si potrà sempre riprovare.

Una cosa è certa: una volta in alto, la vista è stupenda.

Ester

Non tutte le persone a cui ho chiesto la testimonianza mi hanno potuto (o voluto) rispondere. C’è chi mi ha detto che non aveva tempo e non voleva rispondere in modo frettoloso o superficiale a una tematica così importante, chi si vergognava e non si sentiva sicur* delle proprie capacità di scrittura, e chi non mi ha mai mandato la propria testimonianza, e va bene, è legittimo anche quello.

Ringrazio tutti, chi ha scritto e chi non lo ha fatto, perché anche solo l’essersi fermati a pensare aiuta a rompere pregiudizi e stereotipi, quindi GRAZIE. GRAZIE DI CUORE.

Ora mi rivolgo a te. Tu che stai leggendo queste righe e queste parole, se tu volessi inviarmi la tua esperienza di percorso psicologico puoi farlo, affinché possa aiutare anche qualcun altr*.